Rimuginare: la malattia del pensare avanti e indietro

Rimuginare: la malattia del pensare avanti e indietro

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Con la parola rimuginare si intende quel meccanismo mentale in cui le preoccupazioni negative sono ripetitive, eccessive, costanti e improduttive a tal punto da provocare disagio o difficoltà nella vita quotidiana. Viene anche definito come la malattia del pensare avanti e indietro, in quanto la persona si trova con la mente che vaga da recriminazioni sul passato a timori sul futuro, perdendo un po’ il contatto sul presente, che è invece l’unico momento sul quale si possa realmente agire.

Preoccuparsi un po’ può essere appropriato e utile per affrontare determinate situazioni, e spesso lo facciamo proprio con l’intento di trovare soluzioni, di essere preparati a certi eventi e di placare l’ansia riguardo quell’argomento. Tuttavia la maggior parte delle volte questo riflettere, all’inizio funzionale e utile, sfocia in un presentarsi ripetitivo ed inutile degli stessi pensieri, che non ci fa fare passi avanti, ma anzi, crea più ansia, stress, tristezza di quando abbiamo iniziato.

Il rimuginare e avere tanti pensieri per la testa è un’esperienza normale e comune tra gli esseri umani, diventa patologico nel momento in cui diviene eccessivo, disfunzionale ed incontrollabile.
La maggior parte delle preoccupazioni eccessive sono relative a circostanze quotidiane del passato (più tipico degli stati depressivi) o del presente/futuro (negli stati ansiosi), come responsabilità lavorative, problemi economici, salute propria e dei familiari, incidenti a persone significative, errori commessi, piccole attività (es. faccende domestiche, far tardi agli appuntamenti).
Chi soffre d’ansia può svegliarsi durante la notte con la preoccupazione di non riuscire a risolvere un problema economico o di non essere all’altezza del lavoro che deve svolgere, oppure potrebbe agitarsi eccessivamente nell’attendere un amico in ritardo perché immagina che abbia avuto un incidente.
Gli eventi di cui la persona si preoccupa eccessivamente possono cambiare anche frequentemente nel corso del tempo e possono essere dovute anche ad eventi o ricordi del passato (che tecnicamente si indicano come ruminazioni).

Alcune delle persone che hanno questo problema riconoscono che le loro preoccupazioni sono eccessive, soprattutto dopo che l’evento temuto non si è verificato, ma non riescono comunque a non farlo.

Altri ritengono che i loro timori siano realistici o che rimuginare serva a:

  • placare l’ansia e la paura,
  • risolvere meglio i problemi,
  • renderli pronti ad affrontare le situazioni temute,
  • prendere decisioni e scelte migliori,
  • proteggerli da forti emozioni di ansia, rabbia tristezza ecc..,
  • aiutarli a non pensare a qualcosa di peggio.

Ma in realtà rimuginare non è utile agli scopi appena elencati, anzi è dannoso! In questo caso, infatti l’ansia, contrariamente a quanto si pensa, aumenta invece di diminuire.
Ciò avviene perché non si tratta di pensiero produttivo, oggettivo, razionale e funzionale! Rimuginare è infatti l’opposto, in quanto si rischia di sovrastimare il problema, il disagio, la minaccia e si impiegano tutte le risorse mentali in modo ripetitivo, non lucido e si perdono di vista altri aspetti o il quadro generale.

Come si fa a capire se mi sto arrovellando in modo sano e produttivo o se sto inutilmente e disfunzionalmente rimuginando?

 

Rispetto alle preoccupazioni normali/adeguate, quelle che diventano rimuginazioni:

  • risultano più numerose, frequenti, durature, intense, invasive e pervasive
  • sono di rapida successione (ad una ne segue subito, o quasi, un’altra)
  • vengono accompagnate da emozioni di ansia, o tristezza intense
  • sono relative ad eventi futuri improbabili o passati non modificabili
  • non relative ad uno specifico evento ma riguardano una catena di eventi
  • si presentano spesso scollegate da reali e oggettivi fattori precipitanti
  • accompagnate da sintomi fisici
  • si percepiscono difficili da controllare e da rimandare ad altri momenti
  • non hanno un’effettiva risposta o soluzione praticabile da voi in quel momento
  • prevedono che ci sia una soluzione perfetta e assoluta
  • proseguono con l’idea che continuando l’ansia diminuirà
  • si basano sull’idea che si debba avere tutto sotto controllo

State riflettendo in modo “sano” e adattivo quando:

  • concentrate la vostra attenzione su un singolo evento del presente o immediato futuro e non su una catena di eventi del passato o del futuro lontano,
  • la domanda che vi ponete nella mente ha una risposta, o il problema in questione ha una soluzione che sia praticabile realmente per voi,
  • avete in mente la possibilità che non ci sia una soluzione perfetta in assoluto e completamente sotto il vostro controllo,
  • riconoscete e distinguete gli aspetti che potete controllare da quelli incontrollabili,
  • non vi lasciate guidare dall’ansia.

Se le vostre giornate sono caratterizzate dal primo tipo di preoccupazioni e il rimuginare non vi dà tregua allora potreste provare a:

  • Stabilire quando serve preoccuparsi e quando no. Le preoccupazioni inutili sono quelle riguardo eventi che non dipendono da noi o non interamente, o quelle per le quali abbiamo già fatto il possibile. Sono anche inutili le preoccupazioni frutto di “viaggi mentali” pieni di “se e ma” su ipotetici e poco probabili eventi del futuro, come anche prevedere catene di eventi negativi.
  • Imparare ad identificare i pensieri negativi che caratterizzano il rimuginare, distinguendoli da quelli più utili rivolti al momento presente.
  • Smettere di considerare il rimuginare uno stato automatico e inevitabile. E’ automatico solo l’inizio del rimugino, non il proseguimento dei pensieri.
  • Usare le emozioni invece di preoccuparcene. Che cosa esattamente mi sta dicendo questo stato d’animo? Quale problema sta segnalando? E soprattutto su quale mio bisogno attirano la mia attenzione?
  • Non cercare di smettere di preoccuparsi subito di colpo, ma cercare di capire se mi sto limitando a stare nel mio malessere o lo sto usando come segnale per capire cosa fare per risolvere il problema. Pensare a cosa di negativo potrebbe accadere in seguito a un problema non è la stessa cosa che pianificare COME risolvere la situazione.
  • Continuare a pensarci solo se è possibile fare qualcosa di concreto e utile in quel momento: scrivere un breve e rapido elenco delle possibili azioni e delle alternative, tenendo conto dei propri bisogni e scopi, poi sceglierne una, provare e solo dopo valutare com’è andata.”
  • Non rifiutare le soluzioni non perfette: tutte le soluzioni sono parziali.
  • Non credere di dover rimuginare finché non si trova la soluzione; cercare di smettere se la soluzione non arriva entro un tempo ragionevole per il problema in questione.
  • Scegliere un momento, di circa mezz’ora, all’interno della giornata (possibilmente sempre alla stessa ora e trovandosi nello stesso posto) da dedicare al problema.
  • Interrompere e posticipare il rimuginare al momento apposito, quando ci si rende conto di rimuginare nel momento non stabilito.
  • Durante la mezz’ora dedicata al problema impegnarsi per individuare soluzioni che permettano di affrontare e poi lasciare andare le preoccupazioni.
  • La mindfulness e l’ACT possono essere ottimi alleati per imparare a non rimuginare e attuare i suggerimenti precedenti.

Se non si riuscissero a mettere in pratica queste indicazioni o se non risultassero sufficienti a placare il vostro rimuginare, la terapia cognitivo-comportamentale ACT può sicuramente rappresentare un valido aiuto a riguardo, partendo con l’individuare tipologia, motivazioni e caratteristiche specifiche del vostro rimuginare e proseguendo con un intervento concreto e pratico adatto al vostro caso.

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