Alle prese con problemi di studio e difficoltà a superare gli esami?

Alle prese con problemi di studio e difficoltà a superare gli esami?

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Settembre si avvicina e per molti ragazzi e ragazze significa riprendere in mano i libri, sperimentare problemi di studio e sentirsi di nuovo in tensione per esami universitari o verifiche scolastiche.

Infatti, è stato rilevato, in varie ricerche sull’argomento, che il 20%  degli studenti sperimenta ansia e il 26%  depressione quando si trovano affrontare gli esami (qualunque sia l’argomento e il livello di difficoltà). Avviene anche che il 26% soffra di una forma ansiosa contemporaneamente accompagnata da uno stato depressivo che spesso che può portare all’insuccesso negli esami o addirittura all’evitamento, che alimenta la depressione e il senso di fallimento.

Ma non serve essere clinicamente ansiosi o depressi per avere problemi nello studio, ognuno di noi si è trovato più di una volta davanti a libri ed appunti senza sapere che pesci pigliare.

Di seguito trovi quali sono le principali condizioni che ostacolano il normale superamento degli esami e vedere se ci si riconosce in qualche caso:

Cause riconducibili allo stile/metodo di studio


La combinazione fra materia e argomento di studio e le capacità individuali di apprendimento può talvolta provocare serie difficoltà per lo studente che si sta preparando per una verifica o esame, se non riesce a mettere in pratica un metodo di studio consono che gli permetta di apprendere quegli specifici concetti.

Ogni studente ha uno stile, che sia più o meno consapevole e intenzionale. Ci sono metodi universalmente più proficui, ma molto dipende dalle caratteristiche cognitive ed emotive dello studente e anche dal tipo di contenuti che si devono studiare.

Basti pensare a chi apprende meglio facendo schemi e chi ripetendo, da chi ha una memoria “visiva “più che “uditiva”, “semantica” o “concettuale” ecc.. E proviamo a pensare a quanto sia diverso trovarsi alle prese con lo studio della matematica piuttosto che con la letteratura o le lingue straniere.

È necessario quindi trovare lo stile di apprendimento più efficace per le proprie caratteristiche, ma anche essere flessibili e saperlo adattare a quello che ci troviamo davanti, e non dimentichiamo anche le richieste e lo stile del docente che verificherà la nostra preparazione.

Disturbi dell’apprendimento e difficoltà


Nel ricercare il metodo di studio migliore in base alle proprie capacità e in relazione all’argomento specifico, è necessario considerare anche eventuali difficoltà di apprendimento, che possono essere già state riscontrate nei primi anni di scuola e trascinate nel tempo, oppure che possono essere sorte più recentemente ai primi contatti con nuovi corsi o materie.

I problemi riguardanti lo studio e l’apprendimento possono essere nella lettura, scrittura, comprensione o fare calcoli (es.  dislessia, disgrafia, discalculia) oppure si possono manifestare come difficoltà  di attenzione e concentrazione e problemi pianificazione e organizzazione del lavoro (disturbo di attenzione e iperattività).

Individuare tali difficoltà dà la possibilità da un lato di attuare interventi riabilitati per migliorare le abilità e dall’altra, di porsi obiettivi di apprendimento adeguati e quindi raggiungibili

Pressioni esterne


La scuola superiore e l’università suscitano, favoriscono e mantengono un clima di competizione, al quale spesso si aggiungono le aspettative dei genitori e le pressioni dovute alle difficoltà di trovare in futuro un lavoro nonostante la crisi.

Queste spinte potrebbero provocare durante lo studio, ma soprattutto durante l’esame, un aumento eccessivo del livello di attivazione e cioè ansia che ostacola la buona riuscita del compito. Per capire meglio il rapporto fra livello di attivazione psico-fisica e prestazione osserviamo il seguente grafico che illustra la curva Yerkes-Dosdon:

 

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Un’attivazione molto bassa provoca noia e quindi non stimola sufficiente interesse e impegno che servono per affrontare un compito o un’attività. Se l’attivazione cresce, l’efficienza della prestazione aumenta proporzionalmente, ma solo fino a raggiungere un livello ottimale, un giusto equilibrio fra l’attivazione, che si può anche chiamare ansia adeguata  o tensione positiva, che permette alla persona di dare il proprio massimo.

Oltre questo punto, se il livello di attivazione aumenta ancora si trasforma in allarme e si inizia a percepire tensione negativa, quindi stress che diminuisce il risultato prestazionale, fino ad arrivare al livello massimo di ansia, ossia il panico, che non permette alcun tipo di prestazione.

Piacevolezza/noia


Sempre dal grafico precedente, possiamo notare come la noia possa essere un deterrente nei confronti dello studio e di un buon risultato ad un esame.

Questo può spesso dipendere dall’interesse per quel determinato argomento di studio e dalla difficoltà di vedere l’applicabilità di tali conoscenze nella nostra presente e futura esperienza.

Altre volte la noia può dipendere da mancanza di motivazione o da un tipo di motivazione non adeguato, per esempio la motivazione estrinseca, che verrà descritta di seguito.

Motivazione


Qual è il motivo, lo scopo, per cui sto studiando questo argomento? Ci tengo ad approfondire questo argomento perché mi piace, mi interessa e/o penso possa servirmi saperne di più per motivi personali o professionali, per il presente o per il futuro?

Se la risposta è sì vuole dire che, almeno in parte, la mia motivazione sarà intrinseca. Quest’ultima si verifica quando gli studenti (o le persone in generale) trovano lo studio di quella materia (o qualsiasi attività) stimolante e gratificante di per sé (motivazione epistemica), e provano soddisfazione nel vedere aumentare la propria competenza sull’argomento e proseguono solo per il gusto e il piacere di farlo.

Tali spinte procurano emozioni e pensieri positivi dello studente sia nei propri confronti (in termini di competenza e efficacia) che in quelli della materia (in termini di curiosità e interesse) e questi aumentano la motivazione, migliorano la qualità dell’apprendimento e quindi potenzialmente anche il risultato del compito o dell’esame.

Questo tipo di motivazione può essere presente a diversi livelli, assente, o accompagnata dalla motivazione estrinseca. Quest’ultima ci guida ad esempio quando sentiamo che ciò che ci traina nel proseguire lo studio è ottenere un buon voto per fare bella figura, per non essere sgridato da genitori/insegnanti  o preso in giro dai compagni. O anche, perché prendendo buoni voti potrò continuare ad usufruire della borsa di studio o ricevere la paghetta, o non essere obbligato anche a lavorare. Sono tutte spinte che provengo al di fuori di noi, e che precedentemente sono state descritte come pressioni esterne che influiscono sull’attivazione (v. il grafico sopra).

Infatti, le motivazioni di tipo estrinseco non sono negative in sé per sé, ma se sono preponderanti o esagerate allora provocano troppa ansia e, invece di essere degli stimoli a fare meglio, diventano deterrenti, ostacoli e freni per lo studio e la prestazione.

Oltre ai vari tipi di motivazione, possono esserci casi di demotivazione, per la scuola in generale, o per una certa materia o per l’insegnante specifico, magari dovuti a ripetute esperienze di insuccesso o difficoltà che hanno portato la persona ad avere una scarsa autostima in quell’ambito, a tendere ad evitare le difficoltà e quindi alla demotivazione.

Sfiducia in sé/paura del fallimento


Abbiamo appena visto che fra le possibili cause della demotivazione ci può essere una scarsa fiducia nelle proprie capacità e nelle possibilità di superare l’esame. Parimenti ci si può aspettare di fallire, non riuscire.
Partendo con queste aspettative, è facile vedere confermata la propria teoria e raggiungere un risultato scarso o comunque inferiori alle reali abilità della persona al grado di studio impiegato.

Perché questo succede? A causa del meccanismo chiamato profezie che si auto-avverano: quando una persona, convinta o timorosa del verificarsi di eventi futuri negativi, altera involontariamente il suo comportamento a tal punto che può causare egli stesso tali eventi temuti.

Questo può accadere sia a causa del fatto che gli esseri umani, per motivi funzionali di semplificazione, sono portati a selezionare primariamente le informazioni che confermano le proprie idee, sia perché il nostro atteggiamento incide e determina ciò che avviene in quella determinata situazione.

Per es. lo studente che non crede nelle sue abilità di apprendimento e memoria, tenderà ad essere demotivato nello studio a non impegnarsi proficuamente e sarà quindi meno lucido ed efficace nelle acquisizione delle informazioni, in quanto il suo pensiero in sottofondo sarà: “Tanto questo non me lo ricorderò..” e probabilmente avrà ragione perché non è in condizione di apprendere efficacemente i contenuti che sta studiando.

Un altro studente il giorno prima dell’esame potrebbe iniziare a temere di non sapere rispondere alle domande del docente, di fare brutta figura, di fare scena muta.

Inevitabilmente la sua ansia accrescerà e l’indomani sarà talmente alta da non rendergli possibile la comprensione delle domande oppure il recupero nella memoria delle informazioni necessarie per rispondere alle domande e si troverà proprio a sbagliare o fare scena muta come temeva. 

Inoltre più evito perché penso di non essere in grado o di fallire, più mi convinco di non essere in grado e mi sentirò sempre più in difficoltà nei confronti degli esami. 

Perfezionismo


Spesso causato dalla paura dell’errore, anche il perfezionismo può provocare difficoltà nello studio e nel superamento degli esami. Di primo acchito, il fatto di mettersi a studiare tutto nel minimo dettaglio e pretendere di sapere tutto prima di presentarsi all’esame, potrebbe sembrare positivo e indice di un’ottima preparazione. Ma anche in questo caso, può essere vero se però non si esagera con le pretese di alti risultati o nel livello di dettaglio nello studio.

Se parto con l’aspettativa di imparare tutto durante lo studio, o di rispondere al 100% bene a tutto durante l’esame, mi auto-sottopongo ad una forte pressione, che potrebbe portare il mio livello di attivazione psico-fisica sopra la soglia adeguata a garantirmi una buona prestazione e quindi facilmente finirei per confondermi, sbagliare, bloccarmi.

Può accadere che un metodo di studio perfezionistico venga adottato anche da persone che non hanno elevate aspettative di prendere il massimo dei voti o di essere i migliori, ma che studiano tutto nei dettagli con l’intenzione di placare l’ansia ed allontanare l’insicurezza. Il problema è che spesso in questo modo aumenta la confusione e di conseguenza anche l’ansia e l’insicurezza, inoltre può anche capitare che perdendosi nei dettagli si perda il quadro generale e poi ci si trovi in difficoltà all’esame davanti ad una domanda posta in modo diverso da come ci aspettavamo.

In entrambi i casi di perfezionismo, se aspettiamo di essere pronti al 100% prima di affrontare un esame allora rischiamo di non arrivare mai a farlo. E più evito un esame perché penso di non essere abbastanza pronto, meno mi sentirò sicuro la volta successiva (non vale per chi non ha studiato nulla ovviamente!) e vado a finire in un circolo vizioso di ansia e depressione che mette a rischio l’intero percorso scolastico o universitario.

Se mi capita di trovarmi in una o più di queste situazioni di difficoltà cosa posso fare?


Per cominciare è possibile leggere il prossimo articolo che contiene alcune tecniche di studio e trucchi per superare gli esami.

Se non dovesse bastare o se ci si dovesse accorgere che in qualche ambito non bastano consigli o accorgimenti ma che c’è qualcosa di più ostacolante, pervasivo o difficile da modificare (come per es. eccessive pressioni interne, perfezionismo, sfiducia, ansia, demotivazione, difficoltà nel metodo e nella pianificazione) allora la via maestra è quella della consulenza psicologica di tipo cognitivo-comportamentale: un concreto aiuto ad individuare i precisi problemi che ostacolano studio ed esami e altrettanto concrete proposte di soluzione o cambiamento vi attendono.

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